CASTELLAMMARE DI STABIA
Città delle Acque
STORIA
Castellammare di Stabia è una ridente località che si estende ad anfiteatro al centro del golfo di Napoli ai piedi del monte Faito ed all’inizio della Penisola Sorrentina, in una zona fertilissima, ricca di acque minerali e dal clima temperato.
Sebbene le sue origini risultino ancora incerte, documenti storici attestano che la zona di Castellammare di Stabia, un tempo conosciuta col nome Stabiae, fosse abitata già nell’VIII secolo a.C. sull’odierna collina di Varano. Diverse sono state le dominazioni insediatesi in questi luoghi come quella dei Sanniti seguita poi dagli Etruschi, dai Greci e dai Romani. È proprio durante il periodo romano che la città ebbe il suo massimo splendore: prima come città fortificata, attorno alla quale si estendeva l’Ager Stabiano, e poi come luogo di villeggiatura per i ricchi patrizi romani, che costellarono la collina di ville con al proprio interno complessi termali, piscine, palestre e piccoli templi, abbellendole con dipinti che ancora oggi risultano essere tra i più interessanti dell’arte romana. Con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la città scomparve, insieme a Pompei ed Ercolano, sotto una fitta coltre di cenere, lapilli e pomici.
Alcuni abitanti scampati alla distruzione costituirono un villaggio lungo la costa, molto più protesa a mare rispetto al passato a causa dell’eruzione, che entrò a far parte del Ducato di Sorrento: furono proprio i sorrentini a costruire il castello sulla collina di Quisisana attorno all’anno 1000. Infatti, documenti del 1086 riportano per la prima volta il nome del villaggio detto “Castrum ad Mare”.
Durante il Medioevo, Castellammare passa sotto gli Svevi, poi agli Aragonesi che costruiscono il porto e completano la Reggia di Quisisana e successivamente la danno in feudo ad Ottavio Farnese, il quale apportò notevoli modifiche alla struttura urbanistica costruendo anche il suo palazzo oggi sede del municipio. Nel 1731 la città passa sotto il controllo dei Borbone che la rendono una delle città più floride del Regno di Napoli e poi del Regno delle Due Sicilie: nel 1783 furono aperti i primi Cantieri Navali italiani, e poi ancora l’industria per la fabbricazione di corde, la cosiddetta Corderia, e viene dato il via, nel 1749, ad una campagna archeologica che riporta alla luce solo alcuni affreschi delle ville romane dell’antica città di Stabiae. Nel 1836 inaugurano Le Antiche Terme di Castellammare centro benessere e polo culturale locale, che spesso e volentieri ha ospitato e ospita mostre, concerti, manifestazioni varie.
Il ‘900 si apre con le due guerre mondiali. Se la prima non lascia tragiche tracce, lo stesso non si può dire per il secondo conflitto mondiale: i tedeschi tentano di distruggere i cantieri navali, i quali vennero strenuamente difesi dagli stabiesi. In seguito, per questo motivo, la città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valore.
Negli anni ’50, Libero D’Orsi, preside della scuola media Stabiae, intraprese la prima sistematica campagna di scavi archeologici dell’antica città romana di Stabiae, dopo quelle dei Borboni. Grazie al suo interesse e al suo impegno vennero riportate alla luce due ville romane, Villa Arianna e Villa San Marco. Negli stessi anni fu costruito il complesso delle Nuove Terme di Stabia, all’epoca definite le più moderne d’Europa.
La fine del XX secolo coincide con la costruzione di nuovi complessi alberghieri e di infrastrutture all’avanguardia come il porto turistico di Marina di Stabia, uno dei più grandi d’Europa. Queste nuove strutture hanno fatto sì che nel 2006 Castellammare di Stabia sia stata la terza città campana per presenze turistiche negli alberghi solo dietro a Napoli e Sorrento.
COSA VEDERE
Le Antiche Terme di Stabia
Inaugurate nel 1836, la storia delle Antiche Terme di Stabia inizia 9 anni prima, quando nel 1827, su progetto dell’architetto Catello Troiano iniziarono i lavori per la costruzione. Subito dopo l’apertura, le terme divennero luogo di grande importanza sia per la cittadinanza stabiese che per i turisti che, soprattutto in estate, affollavano la città per le cure presso il complesso termale. Anno dopo anno la struttura si andava ampliando con nuovi padiglioni riservati a molteplici cure per il corpo. Nel 1893 fu costruito il celebre Padiglione Moresco, opera dell’architetto Filosa e, nel 1900, la Vasca d’erogazione, in ferro battuto, opera dell’ingegnere Eugenio Cosenza.
Tra la fine dell’800 e gli anni ’50 del 900, questo complesso dalla struttura neoclassica ospitò celebrità provenienti da mezza Europa, noti complessi musicali, mostre di pittura, nonché manifestazioni mondane e culturali.
Il 26 febbraio 1956 iniziò la demolizione dell’antica struttura neoclassica e liberty per la costruzione, progettata dall’architetto Marcello Canino, di quella che esiste ancora tutt’oggi.
L’Acqua della Madonna e gli Chalet
Nel cuore del centro storico di Castellammare di Stabia sgorga direttamente sul mare l’Acqua della Madonna, tra le acque più benefiche al mondo poiché ha un’azione diuretica e dissolvente per i calcoli renali ed è naturalmente effervescente, limpida, incolore, inodore con un sapore leggermente acidulo. Nello stesso luogo è possibile assaggiare anche l’Acqua Acidula che sgorga a pochi metri dalla fonte dell’Acqua della Madonna.
L’Acqua della Madonna da il nome anche al quartiere nel quale sgorga, luogo in cui d’estate, nella cornice del golfo Napoletano, è semplicemente incantevole gustare specialità nostrane seduti ai tavoli degli chalet, simbolo e tradizione della terra di Stabia.
Nello stesso quartiere vi sono i primi Cantieri Navali d’Italia, costruiti dai Borboni e strenuamente difesi dagli stabiesi nel corso della seconda guerra mondiale e le Antiche Terme di Stabia.
La Villa comunale e la Cassarmonica
La Villa comunale viene ricavata nella seconda metà dell’800 sul materiale di risulta della demolizione della vecchia muraglia difensiva che circondava la città, dal Quartuccio a Fontana Grande. Come ogni villa comunale che si rispetti, anche quella di Castellammare di Stabia possiede il suo bravo viale delle celebrità, istituito nel 1924 con l’erezione del busto al musicista Luigi Denza, opera dello scultore Renda, cui seguirono negli anni Raffaele Viviani (commediografo), Giuseppe Bonito (pittore), Michele Esposito (musicista), Annibale Ruccello (commediografo) ed infine il Monumento al Marinaio e quello alla Resistenza, opera dello scultore Antonio Gargiulo.
In Villa comunale sorge la Cassarmonica che può essere considerata un vero e proprio strumento musicale, progettato in modo da amplificare e armonizzare i suoni prodotti al suo interno. Questo artistico padiglione in stile Liberty, grazie all’indiscussa eleganza, resa dal disegno di ispirazione ispano-moresco è, senza dubbio, il più raffinato esempio di tale struttura in Europa. Progettata dall’architetto Eugenio Cosenza, la Cassarmonica fu consegnata il 28 aprile del ‘900. Distrutta nel 1909 da una libecciata, fu ricostruita dallo stesso architetto che ne abbassò l’altezza, creando in cima uno sfiatatoio e addolcendo le forme. L’opera fu riconsegnata il 4 agosto del 1911. Alla fine degli anni ‘80, a seguito di gravi dissesti statici dovuti al terremoto dell’Irpinia e a qualche devastazione vandalica, si sono resi necessari dei lavori di restauro nel 1987 che l’hanno riportata all’antico splendore. La Cassarmonica, uno dei simboli di Castellammare di Stabia, è fra i pochissimi podi bandistici d’Italia e tra essi il più grandioso e di notevole interesse artistico in stile ispano-moresco.
Gli Scavi di Stabiae
Fu sotto il regno di Carlo di Borbone, nel 1749, che si ebbero le prime ricerche alla riscoperta dell’antica Stabiae. I Borboni però trafugarono solo alcuni affreschi dai muri delle ville romane della collina di Varano che portarono a Napoli e tutt’ora sono custoditi nel Museo archeologico nazionale. Successivamente solo negli anni ‘50 dello scorso secolo le ville sono ritornate alla luce grazie al preside di una scuola media cittadina, Libero d’Orsi, che restituì al mondo circa 3000 mq di area archeologica.
Di dimensioni minori rispetto agli scavi di Pompei e di Ercolano, permettono di osservare un diverso aspetto dello stile di vita degli antichi romani: infatti, mentre le prime due località erano delle città, Stabiae, dopo un passato di borgo fortificato, era in epoca romana un luogo di villeggiatura, in cui furono costruite numerose ville residenziali decorate con pitture e abbellite con suppellettili.
Attualmente visitabili sono solo tre ville: Villa Arianna, Villa San Marco e il cosiddetto Secondo Complesso.
Villa Arianna
Complessivamente si estende per oltre 14000 mq e si dispone in modo panoramico sul ciglio della collina di Varano. Un vicus (strada) costituiva la delimitazione tra questa villa e il Secondo Complesso. L’aspetto complessivo della villa d’otium è il risultato di ampliamenti e annessioni del nucleo originario con impianti vicini. Il nucleo più antico è databile in epoca tardo-repubblicana ed è in parte interrato, costituito dall’ingresso, dal peristilio quadrato e dall’atrio tuscanico. In età flavia la villa inglobò un adiacente edificio, cui appartenevano il peristilio e gli ambienti aperti sul lato orientale. A questa fase di ampliamento appartengono anche gli ambienti panoramici, che collegano il settore principale della villa alle nuove strutture aggregate. A sud-est dell’ingresso si trova la parte destinata alla servitù. Uno scavo realizzato nel 1981 ha permesso la scoperta di un quartiere rustico, al cui centro furono scoperti due carri. Dopo l’ingresso si apriva il peristilio quadrato colonnato.
Il settore termale della villa è costituito da un ambiente porticato con al centro un piccolo spazio verde che fungeva da zona di disimpegno dei vari ambienti: tepidarium, calidarium, laconicum, frigidarium.
Villa San Marco
L’impianto di Villa San Marco risale alla prima età augustea. In questa prima fase la villa era di dimensioni minori. L’inizio della seconda fase, che con varie interruzioni e riprese si protrarrà fino al momento dell’eruzione, è stato posto nel primo quarto del I sec. d.C. Con l’ampliamento in età claudia la villa si arricchisce di un portico verso il lato meridionale.
La villa, il cui nome convenzionale deriva da una cappella ivi costruita nella seconda metà del Settecento, ha un’organizzazione planimetrica che segue un duplice orientamento: la maggior parte del complesso asseconda l’andamento della collina, nell’intento evidente di disporre i settori più rappresentativi in posizione panoramica di fronte al mare e al Vesuvio, mentre l’orientamento del quartiere termale è ricalcato su quello dell’impianto urbano adiacente alla villa.
Affreschi di estrema importanza storico-archeologica, una struttura molto ben conservata in cui è possibile addentrarsi per scoprire la vita quotidiana degli antichi romani che si recavano a Stabiae per godere dell’ottimo clima, del paesaggio incantevole e delle ricchezze naturali, lasciano incantati il visitatore che rivive la storia attraversando le antiche stanze.
Secondo Complesso
Più piccola della altre ville di Stabiae ma non certo meno interessante, immediatamente dopo la Villa di Arianna è possibile visitare la villa cosiddetta Secondo Complesso la quale occupa una superficie di mq 5500, di cui mq 800 sono attualmente in luce.
L’edificio fu parzialmente scavato in epoca borbonica e rinterrato dopo il recupero delle decorazioni pittoriche e musive e la realizzazione della planimetria. L’esplorazione iniziò da un ambiente che risultò privo di pavimentazione e nel quale si rinvennero circa 70 anfore vinarie.
Attualmente è possibile visitare il lato occidentale del peristilio, con portico su tre lati, e alcuni ambienti panoramici a nord dello stesso, per un totale di 25 ambienti, tutti visitabili (tranne tre nel settore meridionale, chiusi al pubblico).
Il Castello Medievale
Il Castello Medievale, dal quale Castellammare di Stabia trae il nome, sorge sulla strada panoramica e sovrasta la città ed il golfo di Napoli.
Edificato dal Duca di Sorrento, come fortezza di frontiera del suo dominio, fu restaurato da Federico II di Svevia e poi ricostruito dagli Angioini durante il Vespro. Non più adatto alle esigenze difensive del tempo, fu rifatto e rinforzato da Alfonso D’Aragona.
Successivamente non si hanno notizie esatte del Castello, si sa solo che era stato abbandonato ed era divenuto un rudere. Attorno agli anni ’30 del ‘900, il Castello fu acquistato da Eduardo De Martino, il quale ne iniziò il restauro che fu completato dal figlio Salvatore.
Oggi è proprietà privata e lo si può ammirare solo dall’esterno.
La Cattedrale
La Cattedrale di Castellammare di Stabia è dedicata a Maria Santissima Assunta e San Catello, santo patrono della città. il duomo è concattedrale dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia come storicamente erano legati i due santi patroni San Catello e Sant’Antonino, patrono di Sorrento.
La chiesa è stata eretta nel 1587 e consacrata nel 1893 dal Vescovo Sarnelli ed ha subito diverse modifiche nella sua storia. Ha pianta a croce latina con l’interno diviso in tre navate, di cui quelle laterali si aprono su cinque cappelle. La pavimentazione è in marmi bianchi e grigi con disegni geometrici.
La volta è affrescata da tre dipinti di Vincenzo Paliotti del 1983 raffiguranti scene della vita di San Catello, mentre nelle lunette laterali ci sono le dieci virtù che caratterizzano la vita di san Catello (affidabilità, zelo, costanza, carità, speranza, fede, preghiera, elemosina, perdono, preghiera).
Partendo dalla navata sinistra, nella cappella del battistero (detta così dalla presenza del battistero marmoreo) vi è una tela incompiuta di Giuseppe Bonito, pittore stabiese, con la consegna delle chiavi a San Pietro, acquistata su consiglio del pittore Domenico Morelli nel 1888.
Nella navata destra si aprono cinque cappelle tra cui la cappella della Vergine del Rosario conserva un quadro che in origine si trovava nella basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli in una cappella gentilizia successivamente andata in eredità allo stabiese Giovan Camillo Cacace che portò il quadro a Castellammare. Nella Sacra Famiglia è conservata la Visitazione della Vergine di Giacinto Diana risalente al 1802, e la tela di San Filippo Neri ispirata a quella realizzata da Guido Reni a Santa Maria in Volpicella a Roma.
La cappella più importante della navata destra è quella dedicata a San Catello, Santo patrono della città, ed anche quella di più recente costruzione. Risale infatti al 1789 e ha sostituito la cappella del crocifisso su progetto dell’architetto Ignazio Rispoli. Fu affrescata da Paolo Amato e presenta una cupola nella quale è rappresentata la Gloria del Santo con i dodici apostoli e le quattro virtù nelle volte e nelle lunette. Sotto l’altare vi è un sarcofago in marmo di origine paleocristiana ritrovato durante i lavori di costruzione della cappella risalente al III secolo e raffigurante il Buon Pastore.
Ai lati dell’altare una rappresentazione del Vesuvio del 1906 e una scena della seconda guerra mondiale di Francesco Filosa, pittore stabiese, realizzate nel 1957. Nella Cappella sinistra dedicata ai caduti in guerra una tela con la Deposizione di Cristo generalmente attribuita al Ribera.
Sull’altare maggiore la tela dell’Assunta di Nunzio Rossi risalente al XVIII secolo e il coro ligneo con due ordini di posti per i canonici e gli abdomadari. Nella cupola sono raffigurati i sedici profeti maggiori, l’Apocalisse e i quattro evangelisti, San Giovanni con l’aquila, San Matteo e l’angelo, San Luca e il bue e San Marco e il leone.
Nella cattedrale sono conservati anche resti archeologici come una colonna e capitello in marmo di epoca paleocristiana ritrovati durante la costruzione della cappella di San Catello.

L’Arco di San Catello
L’Arco di San Catello è un arco risalente al XIV secolo, situato nel centro storico di Castellammare di Stabia, che si affaccia sulla villa comunale. Da molti ritenuto una porta della città, in realtà è un arco dell’antica cattedrale. In passato più volte si è pensato a un suo abbattimento, soprattutto per allargare il palazzo confinate: fortunatamente tale idea è stata abbandonata. Oggi è un dei simboli della città e viene chiamato in questo modo perché sulla sua sommità è posta una statua di sSan Catello, patrono stabiese.
Il Museo diocesano
Il Museo diocesano è stato inaugurato nel giugno del 2008 per volere dell’arcivescovo dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, Felice Cece, nei locali della vecchia chiesa dell’Oratorio, abbandonata da anni e resa agibile solo dopo un accurato e lungo restauro.
Nonostante le dimensioni ridotte, il museo ospita al suo interno numerosi reperti archeologici risalenti per lo più all’epoca romana, provenienti dagli scavi archeologici realizzati nella cosiddetta Area Christianorum, ossia un’area al di sotto della concattedrale di Santissima Maria Assunta e San Catello della città, scoperta durante i lavori di costruzione della cappella di San Catello alla fine del 1800: si tratta principalmente di resti di una necropoli ma anche frammenti di strade, case e antiche botteghe.
Tra i reperti lapidi, colonne, come il famoso cippo posto a Stabiae sulla strada di collegamento tra Nuceria Alfaterna e Sorrentum, subito dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., capitelli e sarcofagi, come quello di Caio Longinio, oltre ad un elevato numero di suppellettili varie, tra cui un fermaglio da libro in ossa raffigurante un abbraccio tra i santi Pietro e Paolo. Oltre ai resti di epoca romana anche altri di risalenti al periodo rinascimentale o provenienti della terza cattedrale di Castellammare di Stabia o dell’antica chiesa di San Francesco, più una piccola statuetta in terracotta raffigurante San Biagio e ritrovata nell’omonima grotta. Inoltre fori all’interno del pavimento, coperti da lastre di vetro, permettono di osservare la cripta sottostante la vecchia chiesa, mentre sulla controfacciata principale vengono proiettate delle immagini che ritraggono la zona degli scavi dell’Area Christianorum della cattedrale, attualmente inaccessibile.
Il Monte Faito
Il Monte Faito deve il suo nome alle faggeti di cui è ricco: addirittura ci sono diversi faggi che hanno oltre quattrocento anni di vita e raggiungono una circonferenza di oltre sei metri come, per esempio, il cosiddetto “Re dei faggi“.
Nei secoli scorsi la montagna fu sfruttata per la produzione del legno. Fu proprio grazie a questa importante risorsa che nel 1783 il re Ferdinando I delle Due Sicilie poté costruire a Castellammare di Stabia il primo Cantiere navale d’Italia, il quale si riforniva di legname provenienti proprio dai boschi del Faito, per la costruzione delle navi. Altra importante funzione che aveva la montagna riguardava la produzione di ghiaccio: durante la stagione invernale infatti, ampi fossati detti “Neviere“, venivano riempiti con strati di neve e foglie, che con il passare del tempo, diveniva ghiaccio da poter utilizzare soprattutto durante la stagione estiva per la conservazione dei cibi e per produrre “‘o Cazzimbocchio“, ghiaccio grattato con un’apposita raspa da un blocco unico e poi aromatizzato con vari sciroppi.
Secondo la tradizione, sul Faito, si raccolsero in preghiera i santi Catello e Antonino, a cui apparve l’arcangelo Michele. In onore dell’arcangelo venne eretto sulla vetta del monte detta “Sant’Angelo ai tre pizzi” un santuario che poi venne spostato più in basso nel 1950.
Negli stessi anni, Castellammare venne collegata al monte con la Funivia che offre un’incantevole vista sul golfo di Napoli.
Le Piazze a mare
Diverse sono le piazze di Castellammare di Stabia, ma la suggestione che danno alcune di esse che affacciano direttamente sul mare tra le viottole del centro storico è veramente unica. Piazza Fontana grande e Piazza Orologio sono le piazze più antiche della città ed ognuna con le sue caratteristiche riescono a stupire per la loro bellezza.
Piazza Fontana grande
Piazza Fontana Grande, antico centro nevralgico di Castellammare di Stabia, si apre alla base della collina su cui sorge il castello, nei pressi del porto: sul costone roccioso si erge una struttura con cinque arcate, molto probabilmente di origine romana, al cui centro è posta un’edicola votiva che rappresenta la Madonna di Pozzano con San Catello, risalente al 1862[49]. Al di sotto di essa si apre un colonnato semicircolare che racchiude la fontana che dà il nome alla piazza. Alla sinistra del colonnato è posta la chiesa dello Spirito Santo: nella piazza si affaccia anche il palazzo del Marchese. In passato la piazza ha ospitato anche una fontana pubblica che erogava l’acqua Ferrata, una delle sorgenti di Castellammare di Stabia, in seguito chiuso. Nel 2007 sono iniziati i lavori di riqualificazione della piazza, con l’abbattimento del cancello di recinzione dell’acquedotto e la creazione di un’ampia zona pedonale. Nel corso dei lavori sono affiorati resti di una torre medioevale[50]. Nel 2008 la piazza è stata riconsegnata alla cittadinanza finemente rimodernata, caratterizzata dalla presenza di fontane e di giochi d’acqua che ricordano lo stretto rapporto tra Castellammare di Stabia e le sue acque.
Piazza Orologio
Il nome reale è piazza Cristoforo Colombo, ma da tutti è conosciuta come Piazza Orologio, visto che vi è una torre sulla quale è collocato un orologio. Questa piazza è situata in una zona anticamente chiamata Marina Grande per la sua vicinanza al porto ed ha ricoperto da sempre un ruolo fondamentale per la vita economica stabiese. Infatti in essa veniva svolto un mercato prevalentemente adibito alla vendita di mercanzie che giungevano via mare. Da ciò il suo primo nome che era piazza Mercato.
Nel maggio del 1872, dopo le richieste sia degli abitanti sia dei pescatori, i quali volevano un orologio luminoso che potesse essere visto anche dal mare, fu inaugurato l’impianto che comprendeva una torre alla cui sommità venne posto l’orologio, con le campane che scandivano le ore e l’illuminazione dovuta a un impianto a gas. L’orologio venne poi sostituito da uno nuovo nel 1962 e l’illuminazione a gas lasciò il posto a quella elettrica. Nel 2007 l’Amministrazione Comunale bandisce un concorso di progettazione per la riqualificazione della piazza Cristoforo Colombo per i lavori di rifacimento che si conclusero nell’ottobre 2009. Successivamente si procedette ai lavori di restauro della torre campanaria della piazza.
Lo scoglio di Rovigliano
Formato da roccia calcarea e ricoperta da depositi eruttivi data la vicinanza del Vesuvio, lo scoglio di Rovigliano si trova in mare, proprio di fronte alla foce del fiume Sarno, al confine tra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Il nome Rovigliano deriverebbe dal cognome di una famiglia romana, la Rubellia, che vi costruì una villa d’otium, costruzioni tipiche della zona. Prima dell’avvento dei romani lo scoglio si pensa sia stato emporio fenicio o tempio dedicato ad Ercole, difatti allora era chiamato Petra Herculis. Nel 938 d.C. vi si edificò un convento, mentre nel 1564, fu trasformato in fortezza contro le incursioni dei pirati turchi.
PRODOTTI TIPICI
L’Acqua della Madonna
A questa sorgente scoperta nel 1841 nei pressi della chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, fu attribuita la denominazione di Acqua della Madonna per la estrema vicinanza della fonte alla succitata chiesa, edificata dalla Congrega dei Marinai nel 1834.
Apprezzata perché, a differenza delle altre acque, riesce (in maniera del tutto naturale) a mantenere inalterate per lungo tempo le caratteristiche organolettiche. Fu per decenni utilizzata dai navigatori dell’epoca (prima dell’invenzione del frigorifero e della scoperta del sottovuoto) che si approvvigionavano delle indispensabili scorte d’acqua da consumar
e nei lunghi viaggi marittimi, acquisendola direttamente dalla comoda mescita che si affaccia sul mare. Per tali motivi all’Acqua della Madonna fu addirittura attribuito l’appellativo di Acqua dei Naviganti e divenne ben presto nota nelle maggiori città costiere italiane ed estere.
Il Biscotto di Castellammare
Caratteristico biscotto a forma di sigaro, inventato nel 1848 dalla Casa produttrice Riccardi.
Apprezzato per fragranza ed inconfondibile sapore, questo caratteristico biscotto, ebbe come ultima ufficiale rappresentante la signora Concetta, morta nel 1941, in tragiche circostanze, a detta di molti, per non aver voluto rivelare la vera ricetta originale. Alla morte di Concetta la produzione del Biscotto di Castellammare, fu dapprima continuata da Mariano Carrese (nipote di Concetta) per poi essere ceduta in licenza d’uso all’erede Gianluca Terracciano.
La Galletta stabiese
Definita Biscotto di mare, perché apprezzata e consumata già in epoca remota dai marinai, fu senz’altro prodotta con lo scopo di approvvigionare i velieri ed i mercantili per le lunghe traversate marittime. Un documento angioino risalente al 1283 relativo ad una commissione di gallette per l’armata navale, attesta l’antico nobile utilizzo di tale biscotto.
Durissima a forma tonda e schiacciata, la Galletta stabiese ha vent’otto buchi ed è ricordata nella tradizione locale come un impasto di pane privo di lievito e sale, cotto per un tempo addirittura doppio rispetto al comune pane, operazione richiesta per eliminare qualsiasi traccia di umidità. Poteva essere conservata per lunghi periodi, senza pericolo di ammuffimento. Per il consumo era necessario ammollare la galletta con acqua, spesso e volentieri Acqua della Madonna. In periodo a noi non molto lontano, i produttori stabiesi di questo caratteristico sfarinato, venivano identificati come gallettari.
Carciofo degli orti di Schito
Il Carciofo degli Orti di Schito o anche detto Carciofo violetto di Castellammare è un sottotipo della varietà Romanesco, da cui si differenzia per l’epoca di produzione anticipata e il colore delle bratte, verdi con sfumature viola. La precocità è data dalla particolare mitezza del clima e dall’abitudine di rigenerare le piante ogni anno. La sua origine affonda le radici nell’epoca romana: una frazione di Castellammare di Stabia, Schito, era considerata al tempo particolarmente vocata all’orticoltura. Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo orti di Schito.
Un’altra particolarità è data dall’antica tecnica colturale, tradizionalmente associata a tale varietà. Era uso, infatti, coprire la prima infiorescenza apicale (mamma o mammolella) con coppette di terracotta (pignatte o pignattelle) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento del carciofo, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
Il Carciofo degli Orti di Schito, commemorato nel periodo della sua raccolta con la Sagra del Carciofo è legato per tradizione, alla secolare ricorrenza della Festa religiosa di Maria Santissima Annunziata, celebrata la seconda domenica dopo la Pasqua, nell’omonima parrocchia.
ESCURSIONI
Castellammare è un luogo unico al mondo.
Si affaccia sul mare sicura perché coperta e protetta alle spalle dal monte Faito che, per chi ama l’escursionismo montanaro, è luogo ideale in quanto ricco di antichi percorsi e mulattiere che oggi permettono la scoperta della fauna e della flora del posto.
Di seguito sono elencati tutti i possibili percorsi da intraprendere i cui dettagli sono presenti sul blog degli amici di Libero Ricercatore: